La fotografia di architettura rappresenta per il nostro team la summa delle conoscenze, dello studio e dell’interpretazione dello spazio e dei volumi che grande ruolo ha avuto nella nostra formazione e crescita professionale. Le molteplici presenze e commistioni storico-artistiche presenti all’interno della nostra gallery mostrano la passione messa nell’osservazione dello spazio, nella conoscenza della materia architettonica nelle diverse epoche e culture di cui nel corso della nostra attività ci siamo occupati. Proprio per questo abbiamo voluto che accanto alle foto fosse presente la storia dei luoghi, perchè le immagini potessero essere un viaggio, come lo sono state per noi, attraverso la storia e i luoghi
Dettaglio di una delle finestre della galleria di Santa Sofia. Probabilmente uno dei più noti e magnifici monumenti di Istanbul raccoglie in se la storia religiosa e culturale della città. Edificata come chiesa nel 537 da Giustiniano, convertita in moschea da Mehmet II nel 1453 ed infine trasformata in Museo da Ataturk nel 1934. La sua architettura ha catturato l'attenzione e influenzato in modo incredibile tutta l'architettura successiva nella città di Istanbul, divenendo un esempio e un paradigma per i grandi architetti ottomani tra cui, primo fra tutti, Mimar Sinan. Dopo varie ricostruzioni dovute ad incendi che si susseguirono alla prima costruzione fu nel 537 che venne inaugurata da Giustiniano la ricostruzione opera di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. La gigantesca cupola che domina l'interno crollò tuttavia nel 558 e venne subito ricostruita ma con un sesto più alto per poter meglio sostenere il peso. Da allora la sua forma è rimasta inalterata. Dopo l'occupazione islamica e la sua trasformazione moschea le vennero aggiunti i quattro minareti ad ago che la incorniciano. All'interno tutto è dominato dall'imponente spazio della cupola, verso il quale lo sguardo segue passando per l'apertura delle gallerie superiori "Un firmamento di muratura...una totale appropriazione dello spazio" H.Melville. Inizialmente tutta la decorazione interna era costituita solo da elementi architettonici, intarsi di pietre, marmi e capitelli scolpiti. I mosaici che si ammirano oggi sono posteriori all'epoca iconoclasta e sono giunti a noi attraverso la dominazione islamica che lascio l'interno invariato. Nei grandi tondi che ancora oggi sono disposti agli angoli della struttura sono i nomi di Muhammad e dei primi quattro califfi dell'Islam, Abu Bakr, Umar, Othman e Ali
Particolare della decorazione in ceramica smaltata della Madrasa (scuola teologica) di Nadir Diwan Beghi a Bukhara in Uzbeskistan. La madrasa risalente al 1622 sorge sulla piazza principale di Bukhara prorio attorno allo specchio d'acqua del Lab -i-Khauz. Nello scatto il dettaglio del portico di ingresso, con due bellissimi aironi in volo in uno sfondo azzurro con motivi floreali ed al centro un insolito sole dal volto umano. Un aneddoto particolare avvolge la costruzione dell'edificio. Si narra infatti che in origine nacque come caravanserraglio, quindi edificio a carattere commerciale. Durante l'inaugurazione del caravanserraglio, l'emiro invitato a prendervi parte dopo aver bevuto si congedò ringraziando il vizir per la bellissima madrasa e, dal momento che un emiro non sbaglia mai, la sua destinazione d'uso venne cambiata. Benchè questa sia una leggenda sicuramente la struttura si presenta con caratteristiche architettoniche ed iconografiche non consuete per un madrasa e la sua diversa destinazione originale potrebbe esserne il motivo
Veduta del cortile e dell'ingresso alla sala di preghiera della moschea Badshahi di Lahore in Pakistan. Costruita tra il 1673 e il 1674 sotto il regno dell'imperatore Moghul Auranzgeb, è la più maestosa delle moschee Moghul e sicuramente l'ultimo esempio puro dello stile di questa architettura. Il portale monumentale di accesso al cortile, la facciata articolata in porticati, con torrette angolari e le tipiche imponenti cupole dalla forma bulbosa, la rendono molto simile agli altrettanto celebri esempi Moghul in India. Il contrasto tonale e cromatico dei marmi e dell'arenaria rossa rende poi l'insieme incredibilmente equilibrato ed elegante
Veduta del Diwan-i Khass (sala delle udienze private) all'interno della città reale di Fatehpur Sikri, nuova capitale dell'impero voluta da Akbar sul luogo del romitaggio di Shaikh Salim Chishti, un asceta molto venerato dal sovrano. La città iniziò ad essere edificata nel 1571 e fu meta di molti viaggiatori anche europei che la ricordano come di straordinaria bellezza e vitalità, immensa nella sua estensione. Venne abbandonata tuttavia dal sovrano nel 1586 per motivi politici. Mostra tutto l'estro e la raffinata cultura del suo costruttore e questo edificio ne è forse uno dei gioielli più rappresentativi. L'edificio in realtà si è prestato sempre a numerose interpretazioni e secondo la critica contemporanea non si tratterebbe di una sala per le udienze quanto piuttosto di un edificio dal carattere puramente simbolico. Costruito completamente in arenaria rossa, presenta al centro il massicio e al contempo elegantissimo pilastro con capitello a mensole su tre balze che tanto ha sempre catturato lo sguardo dei visitator. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Pilastro centrale del Diwan-i Khass (sala delle udienze private) all'interno della città reale di Fatehpur Sikri, nuova capitale dell'impero voluta da Akbar sul luogo del romitaggio di Shaikh Salim Chishti, un asceta molto venerato dal sovrano. La città iniziò ad essere edificata nel 1571 e fu meta di molti viaggiatori anche europei che la ricordano come di straordinaria bellezza e vitalità, immensa nella sua estensione. Venne abbandonata tuttavia dal sovrano nel 1586 per motivi politici. Mostra tutto l'estro e la raffinata cultura del suo costruttore e questo edificio ne è forse uno dei gioielli più rappresentativi. L'edificio in realtà si è prestato sempre a numerose interpretazioni e secondo la critica contemporanea non si tratterebbe di una sala per le udienze quanto piuttosto di un edificio dal carattere puramente simbolico. Costruito completamente in arenaria rossa, presenta al centro questo massicio e al contempo elegantissimo pilastro con capitello a mensole su tre balze, che sorregge quattro passaggi diagonali collegati con la balconata superiore della sala. La luce che si irradia nella stanza dalle finestre, che attraversa le grate anch'esse in pietra e modella le sinuose mensole del capitello da alla sala un'atmosfera talmente suggestiva da catturare completamente il visitatore. Con ogni probabilità fu voluta dall'imperatore come simbolo della colonna-pilastro che fungeva da congiungimento tra micro e macrocosmo. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Veduta interna di Santa Sofia. Probabilmente uno dei più noti e magnifici monumenti di Istanbul raccoglie in se la storia religiosa e culturale della città. Edificata come chiesa nel 537 da Giustiniano, convertita in moschea da Mehmet II nel 1453 ed infine trasformata in Museo da Ataturk nel 1934. La sua architettura ha catturato l'attenzione e influenzato in modo incredibile tutta l'architettura successiva nella città di Istanbul, divenendo un esempio e un paradigma per i grandi architetti ottomani tra cui, primo fra tutti, Mimar Sinan. Dopo varie ricostruzioni dovute ad incendi che si susseguirono alla prima costruzione fu nel 537 che venne inaugurata da Giustiniano la ricostruzione opera di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. La gigantesca cupola che domina l'interno crollò tuttavia nel 558 e venne subito ricostruita ma con un sesto più alto per poter meglio sostenere il peso. Da allora la sua forma è rimasta inalterata. Dopo l'occupazione islamica e la sua trasformazione moschea le vennero aggiunti i quattro minareti ad ago che la incorniciano. All'interno tutto è dominato dall'imponente spazio della cupola, verso il quale lo sguardo segue passando per l'apertura delle gallerie superiori "Un firmamento di muratura...una totale appropriazione dello spazio" H.Melville. Inizialmente tutta la decorazione interna era costituita solo da elementi architettonici, intarsi di pietre, marmi e capitelli scolpiti. I mosaici che si ammirano oggi sono posteriori all'epoca iconoclasta e sono giunti a noi attraverso la dominazione islamica che lascio l'interno invariato. Nei grandi tondi che ancora oggi sono disposti agli angoli della struttura sono i nomi di Muhammad e dei primi quattro califfi dell'Islam, Abu Bakr, Umar, Othman e Ali
Particolare della facciata della Madrasa (scuola teologica) di Ulugh Beg nipote di Tamerlano, a Samarqanda in Uzbekistan. La madrasa realizzata tra il 1417 ed il 1420 si affaccia sul Reghistan la piazza principale di Samarqanda e una delle più grandi piazze urbane dell'Asia Centrale. Il sovrano Ulugh Beg edificò numerose madrase di cui questa è la maggiore in dimensioni. Era un sovrano estremamente illuminato e colto, amante del bello e della conoscenza. Le sue conoscenze scientifiche e astronomiche erano molto vaste. A lui si attribuisce la costruzione del grande e modernissimo Osservatorio che ancora oggi domina dall'alto Samarqanda. Grazie a lui molti astronomi e matematici del tempo vennero chiamati a studiare ed insegnare presso questa madrasa e Samarqanda divenne durante il suo regno, capitale intellettuale dell'Asia Centrale. La città antica di Samarqanda, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2001
Particolare del grande colonnato della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Il grande colonnato che si vede in foto ha avuto varie epoche e molti furono i materiali di riuso. Fu sotto il regno di Zenobia che venne completato e dal Tempio di Bel conduceva all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Veduta dell'interno della Moschea di Rustem Pasha ad Istanbul. La moschea, opera di Mimar Sinan, venne realizzata nel 1561 per volere del gran vizir nonchè genero del Sultano Solimano il Magnifico, Rustem Pasha. L'edificio rappresenta un vero e proprio gioiello dell'architettura e della decorazione parietale dell'arte Ottomana. Uno dei luoghi più belli e poetici di Istanbul. Il terreno su cui venne edificata la moschea, fu scelto appositamente perchè posto proprio ai piedi del complesso della Suleymaniye ovvero la Moschea di Solimano. Sorge all'interno del bazar ed ancora oggi vi si accede direttamente da una delle strette vie del mercato. Inglobata tra le botteghe ed i negozi appare come un angolo di pace e silenzio nel caos urbano. La caratteristica della moschea, oltre la struttura con cupola centrale tipica dell'architettura di Sinan sono le mattonelle che la rivestono completamente, sia all'interno che all'esterno, in un numero superiore alle 7200. La tecnica, lo stile i motivi iconografici sono quelli tipici della ceramica ottomana di Iznik. Un proliferare di elementi floreali, tulipani, peonie, giacinti, albero della vita, con petali e steli che si intrecciano con forme e colori variegati e vivaci. Una curiosità di questo apparato iconografico, in cui l'elemento floreale, così come in molta parte dell'arte islamica, è dominante, è la varietà di tulipani rappresentati che arriva a 36 diverse tipologie
Facciata in notturna della Madrasa (scuola teologica) di Ulugh Beg nipote di Tamerlano, a Samarqanda in Uzbekistan. La madrasa realizzata tra il 1417 ed il 1420 si affaccia sul Reghistan la piazza principale di Samarqanda e una delle più grandi piazze urbane dell'Asia Centrale. Il sovrano Ulugh Beg edificò numerose madrase di cui questa è la maggiore in dimensioni. Era un sovrano estremamente illuminato e colto, amante del bello e della conoscenza. Le sue conoscenze scientifiche e astronomiche erano molto vaste. A lui si attribuisce la costruzione del grande e modernissimo Osservatorio che ancora oggi domina dall'alto Samarqanda. Grazie a lui molti astronomi e matematici del tempo vennero chiamati a studiare ed insegnare presso questa madrasa e Samarqanda divenne durante il suo regno, capitale intellettuale dell'Asia Centrale. La città antica di Samarqanda, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2001
Vicolo all'interno della Qasbah Udaiya, fortificazione su un promontorio nella parte settentrionale di Rabat in Marocco, di epoca Almoravide risalente alla fine del XII secolo. L'intreccio di strade del quartiere più antico di Rabat scendono fino ai bastioni sul mare. La maggior parte delle case qui costruite vennero realizzate dai profughi musulmani provenienti dalla Spagna in seguito alla Reconquista. Nella parte centrale della Qasbah la più antica moschea di Rabat. Suggestiva la luce all'interno dei vicoli, con il bianco e l'azzurro tipici del carattere maghrebino. La città di Rabat è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2012
Scorcio delle mura esterne dell'Arg (cittadella) di Bukhara in Uzbekistan. La cittadella sorge su una collina artificiale al centro di Bukhara e venne edificata sulle macerie di residenze reali preesistenti, dalla dinastia Shaibanide nel XVI secolo. L'ampio piazzale monumentale prospieciente l'ingresso era usato come piazza per il mercato e per la celebrazione delle festività maggiori. La città antica di Bukhara, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 1993
Particolare del Cortile delle Favorite nell'Harem del Topkapi Sarayi ad Istanbul. Il complesso palaziale iniziato a costruire nel 1459 dal sovrano Mehmed II, divenne per secoli dimora dei sultani e palcoscenico di un proliferare di costruzioni, abbellimenti, modifiche e aggiunte che non si arrestò se non con la caduta dell'Impero Ottomano. Articolato in un susseguirsi di cortili, bassi padiglioni e cinto da mura è impreziosito dall'essere completamente immerso in eleganti giardini. Il rapporto tra spazi pieni e natura è molto intenso in questo come in altri edifici ottomani, costante tra del resto in molta parte dell'architettura islamica sia in Europa che in Asia. Luogo a parte, quasi un mondo a sè stante, l'Harem, indiscutibilmente la sezione più particolare di tutto il complesso ed anche quella che maggiormente cattura con il proprio fascino la curiosità dei visitatori. Nell'immagine le finestre degli appartamenti delle abitanti dell'Harem, nel Cortile delle Favorite affacciato direttamente sul Bosforo. A caratterizzare la bellezza di ogni singolo ambiente del Palazzo, la decorazione parietale in ceramiche invetriate. I colori, le forme, la vivacità delle decorazioni delle sale sia pubbliche che private come in questo caso, stordiscono a ammaliano i visitatori, mostrando in tutto il suo splendore la ricchezza e la bellezza dell'arte ottomana
Scorcio delle mura esterne dell'Arg (cittadella) di Bukhara in Uzbekistan. La cittadella sorge su una collina artificiale al centro di Bukhara e venne edificata sulle macerie di residenze reali preesistenti, dalla dinastia Shaibanide nel XVI secolo. L'ampio piazzale monumentale prospieciente l'ingresso era usato come piazza per il mercato e per la celebrazione delle festività maggiori. La città antica di Bukhara, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 1993
Veduta dell'interno della Sala delle Armi del Castello Odescalchi di Bracciano. La Sala posta al secondo livello del piano nobile del Castello, prende il nome dalla ricchissima collezione di armi che vanno dal XIV al XVII secolo, indicata come una delle importanti raccolte italiane. In orgine questa Sala non esisteva. Venne realizzata con rifacimenti moderni quando la sottostante Sala dei Cesari venne suddivisa in due livelli. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta dell'esterno della Sala delle Circoncisioni all'interno del Topkapi Sarayi ad Istanbul. Il complesso palaziale iniziato a costruire nel 1459 dal sovrano Mehmed II, divenne per secoli dimora dei sultani e palcoscenico di un proliferare di costruzioni, abbellimenti, modifiche e aggiunte che non si arrestò se non con la caduta dell'Impero Ottomano. Articolato in un susseguirsi di cortili, bassi padiglioni e cinto da mura è impreziosito dall'essere completamente immerso in eleganti giardini. Il rapporto tra spazi pieni e natura è molto intenso in questo come in altri edifici ottomani, costante tra del resto in molta parte dell'architettura islamica sia in Europa che in Asia. Luogo a parte, quasi un mondo a sè stante, l'Harem, indiscutibilmente la sezione più particolare di tutto il complesso ed anche quella che maggiormente cattura con il proprio fascino la curiosità dei visitatori. Nell'immagine l'esterno della Sala delle Circoncisioni, costruita da Ibrahim I nel 1640 all'interno della quale si svolgeva il rito della circoncisione dei membri della famiglia reale. A caratterizzare la bellezza di ogni singolo ambiente del Palazzo, come di questa sala, la decorazione parietale in ceramiche invetriate. I colori, le forme, la vivacità delle decorazioni delle sale sia pubbliche che private come in questo caso, stordiscono a ammaliano i visitatori, mostrando in tutto il suo splendore la ricchezza e la bellezza dell'arte ottomana
Particolare della cupola e di uno dei minareti del Gur-i Mir di Samarqanda in Uzbekistan. Nella traduzione persiana Gur-i Mir significa "la tomba dell'emiro". Infatti il mausoleo,in origine costruito come sepoltura per il nipote prediletto di Tamerlano, divenne poi la tomba della famiglia reale e lo stesso Tamerlano è qui sepolto. La costruzione è sicuramente il trionfo della maestosità dell'architettura timuride, tanto all'esterno con la altissima cupola su tamburo, quanto all'interno con la ricca decorazione parietale e con la splendida decorazione in papier machè. Proprio la cupola rappresenta un elemento distintivo della grandiosità delle costruzioni timuridi di cui senza dubbio il Gur-i Mir è l'esempio più elegante. La cupola, che si mostra altissima su altrettanto svettante tamburo, in realtà è costruita attraverso una tripartizione interna concepita per alleggerirne il peso. La sua forma esterna non corrisponde all'interno, dove la cupola visibile si trova all'altezza della base del tamburo esterno. Un'astuzia tecnica per prevenire crolli specialmente in un paese con forti problemi sismici. Anche nell'aspetto estetico le cupole timuridi si distinguono : la caratteristica forma a costoloni e il profilo bulboso costituiscono un unicum in tutta l'arte islamica
Veduta notturna della Moschea di Sultan Ahmed I, nota anche come “Moschea Blu” ad Istanbul. La moschea venne edificata tra il 1610 ed il 1617 proprio in asse con Santa Sofia all’epoca moschea, nella odierna piazza che prende il nome proprio di Sultanahmet. Costruita nei pressi dell'antico Ippodromo di epoca costantiniana, architettonicamente ebbe come riferimento, e con essa molte altre costruzioni ottomane, la Santa Sofia giustinianea con la sua cupola immensa cupola e i minareti che vennero aggiunti in epoca islamica. Proprio per bilanciare l'imponenza di Santa Sofia, grande il doppio rispetto a questa moschea, vennero realizzati sei minareti con ben sedici ballatoi da cui i muezzin richiamavano alla preghiera, che risuonava sul Mar di Marmara antistante come un coro a più voci. Una cupola di 23 metri di diametro per una altezza di 43 metri al vertice, sostenuta da 4 pilastri di 5 metri di diametro e da 4 semicupole che ne scaricano il peso complessivo. 21000 mattonelle invetriate impiegate nella decorazione interna, il cui blu dominante da il nome alla moschea, 260 finestre che illuminano l'interno decorate con vetri importati da Venezia. Questi i numeri di una delle moschee simbolo di Istanbul
Indiscutibilmente il Taj Mahal rappresenta il più famoso edificio dell'architettura Moghul indiana. Costruito da Shah Jahan per la defunta moglie Arjumand Banu Begum, chiamata Mumtaz Mahal (il Gioiello del Palazzo), la preferita dell'imperatore che diede al sovrano ben quattordici figli. Sicuramente il monumento permise al sovrano di legare il proprio nome a qualcosa di duraturo ed eterno e secondo molti questo sarebbe il reale motivo di tanta bellezza e sontuosità, lasciare il segno del proprio passaggio attraverso quello che divenne nei secoli uno dei monumenti più celebrati. Ci vollero ventimila operai e ventidue anni (dal 1632 al 1653) per consegnare alla storia quello che non a caso è chiamato proprio Taj Mahal ovvero la Corona del Palazzo. Il mausoleo, completamente realizzato in marmo bianco di Makrana, si affaccia da un lato sul fiume Jumna, dall'altro su un ampio giardino con al centro il lungo specchio di acqua che completa ed esalta la luminosità dell'insieme. Il corpo centrale ottagonale poggia sul basamento della tomba vera e propria. La bulbosa e immensa cupola centrale domina l'edificio, in un equilibrio perfetto con le cupolette laterali e gli slanciati minareti ai quattro angoli. La decorazione esterna è molto sobria, fatta di iscrizioni coraniche e pietre policrome ad intarsio. La bellezza dell'insieme non è nella decorazione quanto nell'articolazione dei volumi e nella brillantezza del marmo che cambia colore a seconda delle ore del giorno. Non è sicuramente il più maestoso edificio indiano nè il più importante ma per la sua storia è quello che da sempre affascina i viaggiatori, avvolto da un'aura di magia e romanticismo, un poema in marmo, "Una lacrima sulla guancia del tempo"(R.Tagore). Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1983
Veduta del cortile interno di una casa privata ad Aleppo in Siria. La struttura era quella tipica delle abitazioni di maggiori dimensioni del Medio Oriente di epoca medievale, con corte centrale e ambienti abitativi sui lati. Un grande arco dava accesso alla parte privata della casa. Le docorazioni parietali sono nella alternanza di pietre chiare e scure tipico del medioevo mediterraneo islamico che porta il nome di ablaq. Il pavimento presenta invece motivi geometrici realizzati con intarsi in pietra. Attualmente, a seguito della guerra che sta devastando la Siria ed Aleppo in particolare, non è possibile sapere se l'edificio sia ancora esistente
Veduta dell’interno della Moschea di Sultan Ahmed I, nota anche come “Moschea Blu” ad Istanbul. La moschea venne edificata tra il 1610 ed il 1617 proprio in asse con Santa Sofia all’epoca moschea, nella odierna piazza che prende il nome proprio di Sultanahmet. Costruita nei pressi dell'antico Ippodromo di epoca costantiniana, architettonicamente ebbe come riferimento, e con essa molte altre costruzioni ottomane, la Santa Sofia giustinianea con la sua cupola immensa cupola e i minareti che vennero aggiunti in epoca islamica. Proprio per bilanciare l'imponenza di Santa Sofia, grande il doppio rispetto a questa moschea, vennero realizzati sei minareti con ben sedici ballatoi da cui i muezzin richiamavano alla preghiera, che risuonava sul Mar di Marmara antistante come un coro a più voci. Una cupola di 23 metri di diametro per una altezza di 43 metri al vertice, sostenuta da 4 pilastri di 5 metri di diametro e da 4 semicupole che ne scaricano il peso complessivo. 21000 mattonelle invetriate impiegate nella decorazione interna, il cui blu dominante da il nome alla moschea, 260 finestre che illuminano l'interno decorate con vetri importati da Venezia. Questi i numeri di una delle moschee simbolo di Istanbul
Particolare del padiglione centrale della tomba di Itimad ad-Daula ad Agra in India. Il mausoleo venne eretto per il padre della sovrana Nur Jahan moglie dell'imperatore Moghul Jahangir, nel 1626. Si tratta di un piccolo ma elegantissimo edificio che sorge all'interno di un giardino. Il corpo centrale è racchiuso entro quattro torrette e presenta alla sommità il piccolo padiglione che qui vediamo. Il tetto è del tipo a bangaldar dal profilo ricurvo, ispirato al tetto delle capanne bengalesi.
L'edificio è tutto interamente rivestito in marmo con intarsi di pietre colorate. I disegni sono a motivi floreali e le grate traforate sono in pietra. Il mausoleo, che riassume tutto il gusto e l'eleganza dell'architettura Moghul, è indiscutibilmente uno dei gioielli più raffinati del subcontinente indiano
Particolare della facciata della Madrasa (scuola teologica) Tiliya-kari di Samarqanda in Uzbekistan. La madrasa risalente al 1660 completa la scenografia del Reghistan la piazza principale di Samarqanda e una delle più grandi piazze urbane dell'Asia Centrale. Oltre ad essere madrasa l'edificio svolgeva la funzione di moschea del venerdì, ovvero moschea principale, della città. Colpisce di quello che è il più tardo dei monumenti presenti sulla piazza, la decorazione in ceramica smaltata e fasce in mattoni alternate, dai colori vivaci e brillanti, tra cui spicca in modo particolare il blu cobalto ed il turchese tipici delle decorazioni timuridi. La città antica di Samarqanda, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2001
Veduta del complesso dei Pancha Ratha (cinque carri) a Mamallipuram nella regione del Tamil Nadu nell'India sud-orientale. Il complesso monumentale è costituito da cinque templi monolitici e da tre sculture sempre monolitiche di animali : Elefante, Leone e Bue. Sono classici esempi di architettura monolitica indiana risalenti al VII secolo d.C. attribuiti al regno Pallava. Le strutture, edificate nei pressi del mare nel golfo del Bengala, vennero scavate dall'alto verso il basso da un unico banco di granito rosa. Erroneamente definiti templi, in realtà non vennero mai completati e consacrati, portano i nomi dei cinque eroi del poema epico indiano Mahabharata. Sono infatti indicati come Dharmaraja Ratha, Bhima Ratha, Arjuna Ratha, Nakula Sahadeva Ratha e Draupadi Ratha, ovvero i cinque fratelli Pandava e la loro sposa Draupadi. Il nome "carro" deriva dall'essere scolpiti proprio come fossero dei carri su bassi piedistalli. In realtà gli edifici più che avere connessioni con il Mahabharata presentano connessioni con le divinità indiane e vengono piuttosto considerati dei vimana ovvero dei carri mitologici ricorrenti nei testi e nella letteratura che trasportano divinità per antonomasia poi identificati con templi veri e propri. Con lo tsunami del 2004 nei pressi del complesso sono tornati alla luce altre strutture per molti secoli sotto il mare.Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1984
Situato tra Aleppo e Antiochia nella Siria del nord, il grande complesso di Qal'at Sim'an, costruito nel V secolo sul luogo dove si trova il pilastro su cui si rifugiò in ascesi San Simeone Stilita che visse tra il 389 ed il 459. Il pilastro, si trovava all'interno di una sala ottagona di cui in foto si vede la facciata. Ne resta oggi solo la base. Attorno al pilastro sul quale visse l'asceta per oltre 40 anni e che era luogo di pellegrinaggio quando ancora San Simeone era in vita, sorse un grande complesso santuario che comprendeva quattro basiliche che si sviluppavano attorno all'edificio ottagonale che accoglieva il pilastro, distaccato dal corpo centrale un edificio monastico ed un battistero. Ai piedi della collina sin dalle origini si costituirono nuclei abitativi che prosperarono a lungo accanto al santuario. Oggi il sito ha subito notevoli danni a causa della guerra in corso. I rapporti sulla sua conservazione si possono difficilmente stilare in modo completo. La voce forse più attendibile è quella dei rapporti annuali dell'Unesco di cui il sito era Patrimonio dal 2011
Veduta di un particolare delle rovine della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Cuore del sito era il grande colonnato che dal Tempio di Bel conduceva attraverso l'arcone trionfale fuori dalla città. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Veduta esterna di Santa Sofia dalla piazza Sultanahmet. Probabilmente uno dei più noti e magnifici monumenti di Istanbul raccoglie in se la storia religiosa e culturale della città. Edificata come chiesa nel 537 da Giustiniano, convertita in moschea da Mehmet II nel 1453 ed infine trasformata in Museo da Ataturk nel 1934. La sua architettura ha catturato l'attenzione e influenzato in modo incredibile tutta l'architettura successiva nella città di Istanbul, divenendo un esempio e un paradigma per i grandi architetti ottomani tra cui, primo fra tutti, Mimar Sinan. Dopo varie ricostruzioni dovute ad incendi che si susseguirono alla prima costruzione fu nel 537 che venne inaugurata da Giustiniano la ricostruzione opera di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. La gigantesca cupola che domina l'interno crollò tuttavia nel 558 e venne subito ricostruita ma con un sesto più alto per poter meglio sostenere il peso. Da allora la sua forma è rimasta inalterata. Dopo l'occupazione islamica e la sua trasformazione moschea le vennero aggiunti i quattro minareti ad ago che la incorniciano. All'interno tutto è dominato dall'imponente spazio della cupola, verso il quale lo sguardo segue passando per l'apertura delle gallerie superiori "Un firmamento di muratura...una totale appropriazione dello spazio" H.Melville
Veduta del tempio di Bel della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Il tempio di Bel che si vede in foto era il fulcro della vita religiosa. Dedicato ad una divinità mesopotamica assimilata a Zeus venne consacrato nel I secolo d.C. divenne chiesa in età bizantina ed infine moschea. Era il polo opposto del grande colonnato che da qui proseguive fino all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Il tempio è stato completamente raso al suolo. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Veduta esterna di Santa Sofia dalla piazza di Sultanahmet.Probabilmente uno dei più noti e magnifici monumenti di Istanbul raccoglie in se la storia religiosa e culturale della città. Edificata come chiesa nel 537 da Giustiniano, convertita in moschea da Mehmet II nel 1453 ed infine trasformata in Museo da Ataturk nel 1934. La sua architettura ha catturato l'attenzione e influenzato in modo incredibile tutta l'architettura successiva nella città di Istanbul, divenendo un esempio e un paradigma per i grandi architetti ottomani tra cui, primo fra tutti, Mimar Sinan. Dopo varie ricostruzioni dovute ad incendi che si susseguirono alla prima costruzione fu nel 537 che venne inaugurata da Giustiniano la ricostruzione opera di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. La gigantesca cupola che domina l'interno crollò tuttavia nel 558 e venne subito ricostruita ma con un sesto più alto per poter meglio sostenere il peso. Da allora la sua forma è rimasta inalterata. Dopo l'occupazione islamica e la sua trasformazione moschea le vennero aggiunti i quattro minareti ad ago che la incorniciano. All'interno tutto è dominato dall'imponente spazio della cupola "Un firmamento di muratura...una totale appropriazione dello spazio" H.Melville
Veduta della Tomba dell'Obelisco all'interno dell'area archeologica di Petra in Giordania. La città di Petra risale come primo insediamento XII-X secolo a.C. La sua fioritura è tuttavia legata al periodo nabateo. I Nabatei, popolo originario dell'Arabia antica stanziati in un'area di confine tra Siria e Arabia, ebbero un'espansione notevole a partire dal IV secolo a.C. quando occuparono i territori di Edom di cui Petra era capitale. Da questa posizione il controllo delle vie commerciali che collegavano attraverso questo territorio l'Arabia Felix al Mar Rosso alla Mesopotamia e a Ghaza dove era aperto il passaggio al Mediterraneo. Le ricchezze che grazie alle attività commerciali vennero accumulate permisero l'espansione del primo insediamento si riflettono nella bellezza e nella ricchezza degli edifici ancora oggi visibili a Petra. La città sorgeva all'interno di una profonda gola, il Wadi Arab, e l'acqua veniva portata attraverso i canali scavati nella roccia visibili ai lati del Siq ovvero lo stretto passaggio che costituiva l'unico accesso alla città e che ancora oggi rappresenta uno dei momenti più suggestivi della visita al sito. Edifici pubblici e privati sono spesso interamente scavati nella roccia, come lo sono molte tombe risalenti anche al periodo romano, quando la città venne conquista e divenne parte della provincia di Arabia (106d.C.). La Tomba qui mostrata, venne realizzata I secolo d.C. e prese questo nome per via dei quattro obelischi della facciata che insieme alla figura oggi perduta per l'erosione, simboleggiavano le cinque persone sepolte all'iterno. La tomba poggia su una costruzione più antica che si vede nel livello inferiore e che mostra un aspetto più classicheggiante con quattro colonne doriche ai lati dell'ingresso. Si trattava di una sala per i riti funerari nota oggi con il nome di Triclinio. L'inseme è tipico delle architetture funerarie nabatee. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1985
Particolare di uno dei minareti angolari del Taj Mahal. Indiscutibilmente il più famoso edificio dell'architettura Moghul indiana. Costruito da Shah Jahan per la defunta moglie Arjumand Banu Begum, chiamata Mumtaz Mahal (il Gioiello del Palazzo), la preferita dell'imperatore che diede al sovrano ben quattordici figli. Sicuramente il monumento permise al sovrano di legare il proprio nome a qualcosa di duraturo ed eterno e secondo molti questo sarebbe il reale motivo di tanta bellezza e sontuosità, lasciare il segno del proprio passaggio attraverso quello che divenne nei secoli uno dei monumenti più celebrati. Ci vollero ventimila operai e ventidue anni (dal 1632 al 1653) per consegnare alla storia quello che non a caso è chiamato proprio Taj Mahal ovvero la Corona del Palazzo. Il mausoleo, completamente realizzato in marmo bianco di Makrana, si affaccia da un lato sul fiume Jumna, dall'altro su un ampio giardino con al centro il lungo specchio di acqua che completa ed esalta la luminosità dell'insieme. Il corpo centrale ottagonale poggia sul basamento della tomba vera e propria. La bulbosa e immensa cupola centrale domina l'edificio, in un equilibrio perfetto con le cupolette laterali e gli slanciati minareti ai quattro angoli. La decorazione esterna è molto sobria, fatta di iscrizioni coraniche e pietre policrome ad intarsio. La bellezza dell'insieme non è nella decorazione quanto nell'articolazione dei volumi e nella brillantezza del marmo che cambia colore a seconda delle ore del giorno. Non è sicuramente il più maestoso edificio indiano nè il più importante ma per la sua storia è quello che da sempre affascina i viaggiatori, avvolto da un'aura di magia e romanticismo, un poema in marmo, "Una lacrima sulla guancia del tempo"(R.Tagore). Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1983
Particolare delle mura e dei merli del Castello Caetani a Sermoneta nel Lazio. La fortezza, uno dei più noti e meglio conservati esempi di architettura fortificata del Lazio, risale all'XI secolo ed è costituito da un mastio con torre e da una casa fortificata, il tutto concentrato attorno ad una ampia corte centrale con pozzo e circondato da una complessa rete di camminamenti e da possenti mura che ne rivelano a pieno la natura difensiva
Cortile centrale della moschea di Ibn Tulun al Cairo in Egitto. La moschea, costruita tra l' 876 e l' 879 venne fatta realizzare dal governatore abbaside d'Egitto Ibn Tulun. L'impianto avrebbe dovuto richiamarsi all'architettura dell'impero abbaside con chiari riferimenti alla capitale di allora, Samarra in Iraq. Tuttavia ebbe molte interpretazioni locali, come i grandi pilastri interni della sala di preghiera. L'edificio è in laterizio completamente rivestivo in stucco. Nel XIII secolo venne realizzato il minareto a spirale, ancora oggi esistente, e venne per questo sostituito il precedente edificio che fungeva da minareto al centro del cortile con il padiglione con pozzo, che si vede in foto
Veduta di un tratto delle mura della cittadella di Aleppo in Siria. La cittadella venne ricostruita su un nucleo preesistente tra il 1209 ed il 1212 e rappresenta uno splendido esempio di architettura Ayyubide, dinastia che dominò in Siria ed Egitto nel periodo compreso tra il 1169 ed il 1260 e che ebbe come capostipite Salah ad-Din (noto in Occidente come il Saladino), sebbene subì un profondo rifacimento di periodo mamelucco. La costruzione mostra lo spirito sincretistico dell'architettura del periodo crociato, dove tradizioni locali, ispirazioni iraniche e le forti presenze delle architetture militari crociate in Medio Oriente si fondono e si supportano dando risultati difensivi e allo stesso tempo estetici eccelsi. Lo scatto risale al 1995. Ad oggi la città di Aleppo, una delle più colpite dalla guerra in corso in Siria, risulta per la gran parte distrutta e la cittadella ha chiaramente riportato danni ingenti, sebbene la sua magnifica porta e molta della cinta muraria sia ancora in piedi. La cittadella era Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Veduta della Corte d'Onore dal Loggiato superiore del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta della città di Aleppo in Siria dalle mura della cittadella. La cittadella venne ricostruita su un nucleo preesistente tra il 1209 ed il 1212 e rappresenta uno splendido esempio di architettura Ayyubide, dinastia che dominò in Siria ed Egitto nel periodo compreso tra il 1169 ed il 1260 e che ebbe come capostipite Salah ad-Din (noto in Occidente come il Saladino), sebbene ebbe un profondo rifacimento in periodo mamelucco. La costruzione mostra lo spirito sincretistico dell'architettura del periodo crociato, dove tradizioni locali, ispirazioni iraniche e le forti presenze delle architetture militari crociate in Medio Oriente si fondono e si supportano dando risultati difensivi e allo stesso tempo estetici eccelsi. Lo scatto risale al 1995. Ad oggi la città di Aleppo, una delle più colpite dalla guerra in corso in Siria, risulta per la gran parte distrutta. La cittadella era Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Veduta del portico della facciata della Moschea di Rustem Pasha ad Istanbul. La moschea, opera di Mimar Sinan, venne realizzata nel 1561 per volere del gran vizir nonchè genero del Sultano Solimano il Magnifico, Rustem Pasha. L'edificio rappresenta un vero e proprio gioiello dell'architettura e della decorazione parietale dell'arte Ottomana. Uno dei luoghi più belli e poetici di Istanbul. Il terreno su cui venne edificata la moschea, fu scelto appositamente perchè posto proprio ai piedi del complesso della Suleymaniye ovvero la Moschea di Solimano. Sorge all'interno del bazar ed ancora oggi vi si accede direttamente da una delle strette vie del mercato. Inglobata tra le botteghe ed i negozi appare come un angolo di pace e silenzio nel caos urbano. La caratteristica della moschea, oltre la struttura con cupola centrale tipica dell'architettura di Sinan sono le mattonelle che la rivestono completamente, sia all'interno che all'esterno, in un numero superiore alle 7200. La tecnica, lo stile i motivi iconografici sono quelli tipici della ceramica ottomana di Iznik. Un proliferare di elementi floreali, tulipani, peonie, giacinti, albero della vita, con petali e steli che si intrecciano con forme e colori variegati e vivaci. Una curiosità di questo apparato iconografico, in cui l'elemento floreale, così come in molta parte dell'arte islamica, è dominante, è la varietà di tulipani rappresentati che arriva a 36 diverse tipologie
Particolare del cortile della moschea di Kalyan a Bukhara in Uzbekistan. La moschea risale al XV secolo e mostra un impianto ed una decorazione tipiche dell'architettura e dell'arte timuride dell'Asia Centrale. Prende il nome dal minareto Kalyan posto proprio accanto alla moschea, risalente al XII secolo e sicuramente annesso ad una moschea dello stesso periodo preesistente quella timuride. Le decorazioni in ceramica smaltata dai colori vivaci con dominante delle tonalità di blu sono, sono solitamente in motivi geometrici, floreali e calligrafici stilizzati. La città antica di Bukhara, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 1993
Porta di accesso alla cittadella di Aleppo in Siria. La cittadella venne ricostruita su un nucleo preesistente tra il 1209 ed il 1212 e rappresenta uno splendido esempio di architettura Ayyubide, dinastia che dominò in Siria ed Egitto nel periodo compreso tra il 1169 ed il 1260 e che ebbe come capostipite Salah ad-Din (noto in Occidente come il Saladino), sebbene ebbe un profondo rifacimento in periodo mamelucco. La costruzione mostra lo spirito sincretistico dell'architettura del periodo crociato, dove tradizioni locali, ispirazioni iraniche e le forti presenze delle architetture militari crociate in Medio Oriente si fondono e si supportano dando risultati difensivi e allo stesso tempo estetici eccelsi. Lo scatto risale al 1995. Ad oggi la città di Aleppo, una delle più colpite dalla guerra in corso in Siria, risulta per la gran parte distrutta e la cittadella ha chiaramente riportato danni ingenti, sebbene la sua magnifica porta e molta della cinta muraria sia ancora in piedi. La cittadella era Patrimonio dell'Unesco dal 1986
La Cisterna Basilica nota anche come Yerebatan Sarayi (Palazzo Sotterraneo) di Istanbul risale all'epoca costantiniana anche se ebbe ampliamenti e restauri nell'età di Giustiniano. Poteva contenere fino a 70000 metri cubi di acqua e con le sue 336 colonne, nella maggior parte di reimpiego, appare ai visitatori come una sorta di foresta di pietra, misteriosa e affascinante, "Una foresta di marmo verdastro dai fogliami corinzi" la definisce Jean Cocteau nel 1949. Prima che le passerelle in legno venissero realizzate per permettere ai visitatori di accedervi, la si poteva vedere attraverso barche che percorrevano tutta la sua ampiezza addentrandosi al lume di torce. Rimasta nascosta per secoli, tornò di nuovo alla luce nel alla metà del '500. Nei racconti dei viaggiatori si alterna meraviglia e timore per un luogo che in alcuni casi ricorda il fiume degli inferi. E così la racconta infatti anche Theophile Gautier nel 1852 "Niente di più sinistro e spaventoso. Un tempo questo mare sotterraneo veniva percorso in barca. Il viaggio doveva somigliare alla traversata dei fiumi infernali sulla barca di Caronte". Un luogo misterioso e magico allo stesso tempo
Dettaglio della scultura di Elefante nel complesso dei Pancha Ratha (cinque carri) a Mamallipuram nella regione del Tamil Nadu nell'India sud-orientale. Il complesso monumentale è costituito da cinque templi monolitici e da tre sculture sempre monolitiche di animali : Elefante, Leone e Bue. Sono classici esempi di architettura monolitica indiana risalenti al VII secolo d.C. attribuiti al regno Pallava. Le strutture, edificate nei pressi del mare nel golfo del Bengala, vennero scavate dall'alto verso il basso da un unico banco di granito rosa. Erroneamente definiti templi, in realtà non vennero mai completati e consacrati, portano i nomi dei cinque eroi del poema epico indiano Mahabharata. Sono infatti indicati come Dharmaraja Ratha, Bhima Ratha, Arjuna Ratha, Nakula Sahadeva Ratha e Draupadi Ratha, ovvero i cinque fratelli Pandava e la loro sposa Draupadi. Il nome "carro" deriva dall'essere scolpiti proprio come fossero dei carri su bassi piedistalli. In realtà gli edifici più che avere connessioni con il Mahabharata presentano connessioni con le divinità indiane e vengono piuttosto considerati dei vimana ovvero dei carri mitologici ricorrenti nei testi e nella letteratura che trasportano divinità per antonomasia poi identificati con templi veri e propri. Con lo tsunami del 2004 nei pressi del complesso sono tornati alla luce altre strutture per molti secoli sotto il mare. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1984
Veduta del complesso dei Pancha Ratha (cinque carri) a Mamallipuram nella regione del Tamil Nadu nell'India sud-orientale. Il complesso monumentale è costituito da cinque templi monolitici e da tre sculture sempre monolitiche di animali : Elefante, Leone e Bue. Sono classici esempi di architettura monolitica indiana risalenti al VII secolo d.C. attribuiti al regno Pallava. Le strutture, edificate nei pressi del mare nel golfo del Bengala, vennero scavate dall'alto verso il basso da un unico banco di granito rosa. Erroneamente definiti templi, in realtà non vennero mai completati e consacrati, portano i nomi dei cinque eroi del poema epico indiano Mahabharata. Sono infatti indicati come Dharmaraja Ratha, Bhima Ratha, Arjuna Ratha, Nakula Sahadeva Ratha e Draupadi Ratha, ovvero i cinque fratelli Pandava e la loro sposa Draupadi. Il nome "carro" deriva dall'essere scolpiti proprio come fossero dei carri su bassi piedistalli. In realtà gli edifici più che avere connessioni con il Mahabharata presentano connessioni con le divinità indiane e vengono piuttosto considerati dei vimana ovvero dei carri mitologici ricorrenti nei testi e nella letteratura che trasportano divinità per antonomasia poi identificati con templi veri e propri. Con lo tsunami del 2004 nei pressi del complesso sono tornati alla luce altre strutture per molti secoli sotto il mare. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1984
UNESCO - Pancha Ratas Mahabalipuram
Particolare della parete esterna di ingresso alla moschea di Kalyan a Bukhara in Uzbekistan. La moschea risale al XV secolo e mostra un impianto ed una decorazione tipiche dell'architettura e dell'arte timuride dell'Asia Centrale. Prende il nome dal minareto Kalyan, di cui si vede un particolare, risalente al 1127 e sicuramente annesso ad una moschea dello stesso periodo preesistente quella timuride. Il minareto presenta una forma che diverrà caratteristica nel XII di questa area dell'Islam. Il suo impianto è cilindrico e massiccio ma con una forte rastremazione verso l'alto e con la superficie articolata da ampie fasce in mattoni con decorazioni geometriche e stilizzazioni floreali realizzate scolpite nei mattoni stessi di cui è fatto il minareto. Non presenta applicazioni dunque. La bellezza delle sue sculture si apprezza in modo incredibile al tramonto quando il colore dei mattoni vibra alla luce calda del sole. La città antica di Bukhara, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 1993
Veduta della Sala del Letto Siciliano del Castello Odescalchi di Bracciano. La Sala si trova al secondo livello del piano nobile e prende il nome dal grande letto siciliano in ferro battuto del XVI secolo. Da questo punto di ripresa è possibile apprezzare la prospettiva delle numerose sale del piano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta dell’interno della Moschea di Sultan Ahmed I, nota anche come “Moschea Blu” ad Istanbul. La moschea venne edificata tra il 1610 ed il 1617 proprio in asse con Santa Sofia all’epoca moschea, nella odierna piazza che prende il nome proprio di Sultanahmet. Costruita nei pressi dell'antico Ippodromo di epoca costantiniana, architettonicamente ebbe come riferimento, e con essa molte altre costruzioni ottomane, la Santa Sofia giustinianea con la sua cupola immensa cupola e i minareti che vennero aggiunti in epoca islamica. Proprio per bilanciare l'imponenza di Santa Sofia, grande il doppio rispetto a questa moschea, vennero realizzati sei minareti con ben sedici ballatoi da cui i muezzin richiamavano alla preghiera, che risuonava sul Mar di Marmara antistante come un coro a più voci. Una cupola di 23 metri di diametro per una altezza di 43 metri al vertice, sostenuta da 4 pilastri di 5 metri di diametro e da 4 semicupole che ne scaricano il peso complessivo. 21000 mattonelle invetriate impiegate nella decorazione interna, il cui blu dominante da il nome alla moschea, 260 finestre che illuminano l'interno decorate con vetri importati da Venezia. Questi i numeri di una delle moschee simbolo di Istanbul
Particolare di uno dei portali di ingresso al Forte Rosso di Agra. Il Forte di Agra venne costruito da Akbar tra il 1565 ed il 1571 ma sotto Shah Jahan ebbe notevoli trasformazioni e vennero inseriti soprattutto gli splendidi edifici in marmo caratteristici dell'architettura di questo sovrano, il cui simbolo indiscusso rimane senza dubbio il Taj Mahal, mausoleo dell'adorata moglie Mumtaz Mahal. Presenta una massiccia cinta muraria in arenaria rossa (da cui il suo nome) con possenti bastioni, senza rinunciare tuttavia all'eganza con inserti in pietra e marmo. Akbar costruì numerosi fortezze simili a questa, tra i quali spiccano i meravigliosi esempi di Lahore e Fathpur Sikri. Il sito è patrimonio dell'Unesco dal 1983
Veduta del "Monastero" (al-Deir) all'interno dell'area archeologica di Petra in Giordania. La città di Petra risale come primo insediamento XII-X secolo a.C. La sua fioritura è tuttavia legata al periodo nabateo. I Nabatei, popolo originario dell'Arabia antica stanziati in un'area di confine tra Siria e Arabia, ebbero un'espansione notevole a partire dal IV secolo a.C. quando occuparono i territori di Edom di cui Petra era capitale. Da questa posizione il controllo delle vie commerciali che collegavano attraverso questo territorio l'Arabia Felix al Mar Rosso alla Mesopotamia e a Ghaza dove era aperto il passaggio al Mediterraneo. Le ricchezze che grazie alle attività commerciali vennero accumulate permisero l'espansione del primo insediamento si riflettono nella bellezza e nella ricchezza degli edifici ancora oggi visibili a Petra. La città sorgeva all'interno di una profonda gola, il Wadi Arab, e l'acqua veniva portata attraverso i canali scavati nella roccia visibili ai lati del Siq ovvero lo stretto passaggio che costituiva l'unico accesso alla città e che ancora oggi rappresenta uno dei momenti più suggestivi della visita al sito. Edifici pubblici e privati sono spesso interamente scavati nella roccia, come lo sono molte tombe risalenti anche al periodo romano, quando la città venne conquista e divenne parte della provincia di Arabia (106d.C.). Il "Monastero" qui mostrato, venne realizzato tra il II ed I secolo a.C. come tomba del sovrano nabateo Obodas, ma prese questo nome per via di diverse croci scolpite sulle pareti interne in epoca bizantina. La sua facciata ricca ed elegante è un tipico esempio di acrhitettura nabatea visibile anche nell'altro famoso edificio, anch'esso funerario che è il Khazneh (Casa del Tesoro) proprio all'ingresso della città al termine del Siq. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1985
Veduta del complesso del Gur-i Mir di Samarqanda in Uzbekistan. Nella traduzione persiana Gur-i Mir significa "la tomba dell'emiro". Infatti il mausoleo,in origine costruito come sepoltura per il nipote prediletto di Tamerlano, divenne poi la tomba della famiglia reale e lo stesso Tamerlano è qui sepolto. La costruzione è sicuramente il trionfo della maestosità dell'architettura timuride, tanto all'esterno con la altissima cupola su tamburo, quanto all'interno con la ricca decorazione parietale e con la splendida decorazione in papier machè. Proprio la cupola rappresenta un elemento distintivo della grandiosità delle costruzioni timuridi di cui senza dubbio il Gur-i Mir è l'esempio più elegante. La cupola, che si mostra altissima su altrettanto svettante tamburo, in realtà è costruita attraverso una tripartizione interna concepita per alleggerirne il peso. La sua forma esterna non corrisponde all'interno, dove la cupola visibile si trova all'altezza della base del tamburo esterno. Un'astuzia tecnica per prevenire crolli specialmente in un paese con forti problemi sismici. Anche nell'aspetto estetico le cupole timuridi si distinguono : la caratteristica forma a costoloni e il profilo bulboso costituiscono un unicum in tutta l'arte islamica. La città antica di Samarqanda, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2001
Interno dell'Harem del Topkapi Sarayi ad Istanbul. Il complesso palaziale iniziato a costruire nel 1459 dal sovrano Mehmed II, divenne per secoli dimora dei sultani e palcoscenico di un proliferare di costruzioni, abbellimenti, modifiche e aggiunte che non si arrestò se non con la caduta dell'Impero Ottomano. Articolato in un susseguirsi di cortili, bassi padiglioni e cinto da mura è impreziosito dall'essere completamente immerso in eleganti giardini. Il rapporto tra spazi pieni e natura è molto intenso in questo come in altri edifici ottomani, costante tra del resto in molta parte dell'architettura islamica sia in Europa che in Asia. Luogo a parte, quasi un mondo a sè stante, l'Harem, indiscutibilmente la sezione più particolare di tutto il complesso ed anche quella che maggiormente cattura con il proprio fascino la curiosità dei visitatori. Nell'immagine uno degli ambienti di accesso alla Sala del Trono interna all'Harem. A caratterizzare la bellezza di ogni singolo ambiente del Palazzo, oltre la decorazione parietale in ceramiche invetriate. I colori, le forme, la vivacità delle decorazioni delle sale sia pubbliche che private come in questo caso, stordiscono a ammaliano i visitatori, mostrando in tutto il suo splendore la ricchezza e la bellezza dell'arte ottomana
Veduta di una parte dei cammini di ronda e di uno dei bastioni del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta di uno dei due minareti del complesso funerario di Faraj Ibn Barquq, nel Cimitero Mamelucco del Cairo in Egitto. Il complesso, comprendente una Khanqah (monastero sufi) una madrasa (scuola teologica) una moschea diversi sabil (fontane) e kuttab (scuole coraniche per bambini), venne costruito tra il 1400 ed il 1411 da Faraj figlio di Sultan Barquq, sovrano della dinastia Burgi Mamelucca originariamente sepolto in un altro luogo e qui traslato nel 1400. Il complesso presenta un apparato decorativo sia nelle cupole che nei minareti, tipico del periodo mamelucco egiziano. I minareti, gemelli, sono un esempio dell'impianto classico dei minareti mamelucchi con base quadrata e fusto cilindrico scandito da fasce decorative scolpite in pietra con motivi o geometrici, o floreali o calligrafici come in questo caso, con balconcini aggettanti sorretti da mensole a muqarnas (alveoli), terminanti con piccole cupolette bulbose che in periodo mamelucco tardo possono essere anche doppie. Dall'alto dei minareti si gode il panorama sulla città del Cairo
Veduta del tetrapilo al centro del grande colonnato della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Il grande colonnato ha avuto varie epoche. Fu sotto il regno di Zenobia che venne completato e dal Tempio di Bel conduceva all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Particolare di uno dei due minareti del complesso funerario di Faraj Ibn Barquq, nel Cimitero Mamelucco del Cairo in Egitto. Il complesso, comprendente una Khanqah (monastero sufi) una madrasa (scuola teologica) una moschea diversi sabil (fontane) e kuttab (scuole coraniche per bambini), venne costruito tra il 1400 ed il 1411 da Faraj figlio di Sultan Barquq, sovrano della dinastia Burgi Mamelucca originariamente sepolto in un altro luogo e qui traslato nel 1400. Il complesso presenta un apparato decorativo sia nelle cupole che nei minareti, tipico del periodo mamelucco egiziano. I minareti, gemelli, sono un esempio dell'impianto classico dei minareti mamelucchi con base quadrata e fusto cilindrico scandito da fasce decorative scolpite in pietra con motivi o geometrici, o floreali o calligrafici come in questo caso, con balconcini aggettanti sorretti da mensole a muqarnas (alveoli), terminanti con piccole cupolette bulbose che in periodo mamelucco tardo possono essere anche doppie. Dall'alto dei minareti si gode il panorama sulla città del Cairo
Veduta di una parte dei cammini di ronda del Castello Odescalchi di Bracciano. In fondo il piccolo loggiato che conduce all'interno delle sale del secondo livello in basso l'arcone di accesso alla Corte d'Onore. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta del cortile interno della Grande Moschea degli Omayyadi ad Aleppo in Siria. La moschea risale infatti al primo periodo islamico e venne edificata sul luogo attuale agli inizi dell'VIII secolo. Il minareto venne costruito nel 1094. Tuttavia nel XIII secolo, dopo le devastazioni mongoliche, venne quasi interamente riedificata pur mantenendo l'assetto iniziale. Proprio il sovrapporsi delle epoche aveva donato a questo edificio, il principale di Aleppo ancora in età moderna, un fascino e una bellezza assoluta. La tradizione siriana, centro asiatica e infine l'influsso dell'architettura crociata si fondevano in un luogo al di fuori del tempo. Attualmente la mosche è quasi completamente distrutta sia nelle sale interne che nelle decorazioni del cortile. Nel 2013 è stato infine abbattuto e cancellato per sempre lo splendido minareto, vero e proprio gioiello architettonico. La Grande Moschea come tutto il centro storico di Aleppo erano Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Dettaglio della corte interna del Castello Caetani a Sermoneta nel Lazio. La fortezza, uno dei più noti e meglio conservati esempi di architettura fortificata del Lazio, risale all'XI secolo ed è costituito da un mastio con torre e da una casa fortificata, il tutto concentrato attorno ad una ampia corte centrale con pozzo e circondato da una complessa rete di camminamenti e da possenti mura che ne rivelano a pieno la natura difensiva
Veduta del grande colonnato della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Il grande colonnato che si vede in foto ha avuto varie epoche. Fu sotto il regno di Zenobia che venne completato e dal Tempio di Bel conduceva all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Veduta dell’interno della Moschea di Sultan Ahmed I, nota anche come “Moschea Blu” ad Istanbul. La moschea venne edificata tra il 1610 ed il 1617 proprio in asse con Santa Sofia all’epoca moschea, nella odierna piazza che prende il nome proprio di Sultanahmet. Costruita nei pressi dell'antico Ippodromo di epoca costantiniana, architettonicamente ebbe come riferimento, e con essa molte altre costruzioni ottomane, la Santa Sofia giustinianea con la sua cupola immensa cupola e i minareti che vennero aggiunti in epoca islamica. Proprio per bilanciare l'imponenza di Santa Sofia, grande il doppio rispetto a questa moschea, vennero realizzati sei minareti con ben sedici ballatoi da cui i muezzin richiamavano alla preghiera, che risuonava sul Mar di Marmara antistante come un coro a più voci. Una cupola di 23 metri di diametro per una altezza di 43 metri al vertice, sostenuta da 4 pilastri di 5 metri di diametro e da 4 semicupole che ne scaricano il peso complessivo. 21000 mattonelle invetriate impiegate nella decorazione interna, il cui blu dominante da il nome alla moschea, 260 finestre che illuminano l'interno decorate con vetri importati da Venezia. Questi i numeri di una delle moschee simbolo di Istanbul
Veduta della Corte d'Onore e del Loggiato del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta dell'interno della Sala dei Cesari del Castello Odescalchi di Bracciano. La Sala è posta al primo livello del piano nobile, in origine era un unico livello con salone a doppia altezza, rifacimenti successivi hanno portato alla suddivisione in due piani. La Sala prende il nome dai busti dei Cesari addossati alle pareti. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola che si vede qui sullo sfondo del Trionfo di Gentile Virginio Orsini attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta totale della Moschea di Hassan II a Casablanca in Marocco. La moschea inaugurata nel 1993 è la più grande moschea del Marocco e la terza per dimensioni al mondo dopo Mecca e Medina. Progettata dall'architetto francese Michel Pinseau è dotata delle più innovative tecnologie (tetto mobile, pavimento riscaldato e porte elettriche). E' in grado di ospitare venticinquemila fedeli all'interno e oltre ottantamila all'esterno. Un trionfo di maestosità con il suo minareto alto deucentodieci metri e di eleganza, con decorazioni in marmi e stucco e intarsi in ceramica policroma. L'edificio riecheggia la tradizione artistica maghrebina e guarda al contempo al futuro. La sua caratteristica più affascinante tuttavia è la posizione. La moschea infatti si inoltra nell'Atlantico per quasi tutta la sua estensione e questo le dona un aspetto suggestivo e imponente allo stesso tempo
Veduta interna di Santa Sofia. Probabilmente uno dei più noti e magnifici monumenti di Istanbul raccoglie in se la storia religiosa e culturale della città. Edificata come chiesa nel 537 da Giustiniano, convertita in moschea da Mehmet II nel 1453 ed infine trasformata in Museo da Ataturk nel 1934. La sua architettura ha catturato l'attenzione e influenzato in modo incredibile tutta l'architettura successiva nella città di Istanbul, divenendo un esempio e un paradigma per i grandi architetti ottomani tra cui, primo fra tutti, Mimar Sinan. Dopo varie ricostruzioni dovute ad incendi che si susseguirono alla prima costruzione fu nel 537 che venne inaugurata da Giustiniano la ricostruzione opera di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. La gigantesca cupola che domina l'interno crollò tuttavia nel 558 e venne subito ricostruita ma con un sesto più alto per poter meglio sostenere il peso. Da allora la sua forma è rimasta inalterata. Dopo l'occupazione islamica e la sua trasformazione moschea le vennero aggiunti i quattro minareti ad ago che la incorniciano. All'interno tutto è dominato dall'imponente spazio della cupola, verso il quale lo sguardo segue passando per l'apertura delle gallerie superiori "Un firmamento di muratura...una totale appropriazione dello spazio" H.Melville. Inizialmente tutta la decorazione interna era costituita solo da elementi architettonici, intarsi di pietre, marmi e capitelli scolpiti. I mosaici che si ammirano oggi sono posteriori all'epoca iconoclasta e sono giunti a noi attraverso la dominazione islamica che lascio l'interno invariato. Nei grandi tondi che ancora oggi sono disposti agli angoli della struttura sono i nomi di Muhammad e dei primi quattro califfi dell'Islam, Abu Bakr, Umar, Othman e Ali
Veduta del cortile interno della Grande Moschea degli Omayyadi ad Aleppo in Siria. La moschea risale infatti al primo periodo islamico e venne edificata sul luogo attuale agli inizi dell'VIII secolo. Il minareto venne costruito nel 1094. Tuttavia nel XIII secolo, dopo le devastazioni mongoliche, venne quasi interamente riedificata pur mantenendo l'assetto iniziale. Proprio il sovrapporsi delle epoche aveva donato a questo edificio, il principale di Aleppo ancora in età moderna, un fascino e una bellezza assoluta. La tradizione siriana, centro asiatica e infine l'influsso dell'architettura crociata si fondevano in un luogo al di fuori del tempo. Attualmente la moschea è quasi completamente distrutta sia nelle sale interne che nelle decorazioni del cortile. Nel 2013 è stato infine abbattuto e cancellato per sempre lo splendido minareto, vero e proprio gioiello architettonico. La forma quadrata era quella tipica dei minareti di area mediterranea. Suddiviso in sei piani era decorato con motivi calligrafici e con modanature classicheggianti. Archi polilobati e trilobati ne movimentavano gli ultimi livelli. La Grande Moschea come tutto il centro storico di Aleppo erano Patrimonio dell'Unesco dal 1986
Porta laterale delle mura della Qasbah Udaiya, fortificazione su un promontorio nella parte settentrionale di Rabat in Marocco, di epoca Almoravide risalente alla fine del XII secolo. All'interno un intreccio di strade del quartiere più antico di Rabat che scendono fino ai bastioni sul mare. La maggior parte delle case qui costruite vennero realizzate dai profughi musulmani provenienti dalla Spagna in seguito alla Reconquista. Nella parte centrale della Qasbah la più antica moschea di Rabat. Tipico dell'architettura maghrebina e andalusa l'arco a ferro di cavallo che qui si presenta con doppia modanatura e incorniciato da due sottili colonnine. La città di Rabat è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 2012
Situato tra Aleppo e Antiochia nella Siria del nord, il grande complesso di Qal'at Sim'an, costruito nel V secolo sul luogo dove si trova il pilastro su cui si rifugiò in ascesi San Simeone Stilita che visse tra il 389 ed il 459. Il pilastro, si trovava all'interno di una sala ottagona di cui in foto si vede l'interno. Ne resta oggi solo la base. Attorno al pilastro sul quale visse l'asceta per oltre 40 anni e che era luogo di pellegrinaggio quando ancora San Simeone era in vita, sorse un grande complesso santuario che comprendeva quattro basiliche che si sviluppavano attorno all'edificio ottagonale che accoglieva il pilastro, distaccato dal corpo centrale un edificio monastico ed un battistero. Ai piedi della collina sin dalle origini si costituirono nuclei abitativi che prosperarono a lungo accanto al santuario. Oggi il sito ha subito notevoli danni a causa della guerra in corso. I rapporti sulla sua conservazione si possono difficilmente stilare in modo completo. La voce forse più attendibile è quella dei rapporti annuali dell'Unesco di cui il sito era Patrimonio dal 2011
Veduta del Giardino Segreto, ovvero il giardino interno che affaccia sul lago del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta dell'interno della Sala Papalina del Castello Odescalchi di Bracciano. La Sala situata al primo livello del piano nobile del Castello, prende il nomedi Papalina per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina nella volta qui mostrata e nello studiolo. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Particolare delle fontane nel cortile della Moschea di Hassan II a Casablanca in Marocco. La moschea inaugurata nel 1993 è la più grande moschea del Marocco e la terza per dimensioni al mondo dopo Mecca e Medina. Progettata dall'architetto francese Michel Pinseau è dotata delle più innovative tecnologie (tetto mobile, pavimento riscaldato e porte elettriche). E' in grado di ospitare venticinquemila fedeli all'interno e oltre ottantamila all'esterno. Un trionfo di maestosità con il suo minareto alto deucentodieci metri e di eleganza, con decorazioni in marmi e stucco e intarsi in ceramica policroma. L'edificio riecheggia la tradizione artistica maghrebina e guarda al contempo al futuro. La sua caratteristica più affascinante tuttavia è la posizione. La moschea infatti si inoltra nell'Atlantico per quasi tutta la sua estensione e questo le dona un aspetto suggestivo e imponente allo stesso tempo
Veduta della Corte d'Onore dall'interno della Sala del Trittico del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta del padiglione Bangla-i Jahanara all'interno del Forte Rosso di Agra. Il padiglione era all'interno degli appartamenti privati della principessa Jahanara, figlia dell'imperatore Moghul Shah Jahan. La principessa, figlia prediletta dell'imperatore ebbe un ruolo importantissimo nel regno dopo la morte di sua madre, Mumtaz Mahal, colei alla quale è dedicato il Taj Mahal che si intravede sullo sfondo della loggia nella foto. Jahanara venne qui richiusa insieme al padre Shah Jahan quando con un colpo di stato il figlio Aurangzeb gli successe al trono. Il Forte di Agra venne costruito da Akbar tra il 1565 ed il 1571 ma sotto Shah Jahan ebbe notevoli trasformazioni e vennero inseriti soprattutto gli splendidi edifici in marmo caratteristici dell'architettura di questo sovrano, il cui simbolo indiscusso rimane senza dubbio il Taj Mahal, mausoleo dell'adorata moglie Mumtaz Mahal. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1983
Veduta dell’interno della Moschea di Sultan Ahmed I, nota anche come “Moschea Blu” ad Istanbul. La moschea venne edificata tra il 1610 ed il 1617 proprio in asse con Santa Sofia all’epoca moschea, nella odierna piazza che prende il nome proprio di Sultanahmet. Costruita nei pressi dell'antico Ippodromo di epoca costantiniana, architettonicamente ebbe come riferimento, e con essa molte altre costruzioni ottomane, la Santa Sofia giustinianea con la sua cupola immensa cupola e i minareti che vennero aggiunti in epoca islamica. Proprio per bilanciare l'imponenza di Santa Sofia, grande il doppio rispetto a questa moschea, vennero realizzati sei minareti con ben sedici ballatoi da cui i muezzin richiamavano alla preghiera, che risuonava sul Mar di Marmara antistante come un coro a più voci. Una cupola di 23 metri di diametro per una altezza di 43 metri al vertice, sostenuta da 4 pilastri di 5 metri di diametro e da 4 semicupole che ne scaricano il peso complessivo. 21000 mattonelle invetriate impiegate nella decorazione interna, il cui blu dominante da il nome alla moschea, 260 finestre che illuminano l'interno decorate con vetri importati da Venezia. Questi i numeri di una delle moschee simbolo di Istanbul
Veduta di una delle due cupole del complesso funerario di Faraj Ibn Barquq, nel Cimitero Mamelucco del Cairo in Egitto, dall'alto di uno dei due minareti. Il complesso, comprendente una Khanqah (monastero sufi) una madrasa (scuola teologica) una moschea diversi sabil (fontane) e kuttab (scuole coraniche per bambini), venne costruito tra il 1400 ed il 1411 da Faraj figlio di Sultan Barquq, sovrano della dinastia Burgi Mamelucca originariamente sepolto in un altro luogo e qui traslato nel 1400. Il complesso presenta un apparato decorativo sia nelle cupole che nei minareti, tipico del periodo mamelucco egiziano. Le cupole, gemelle, così come lo sono i minareti, sono un esempio dell'impianto classico delle cupole mamelucche con base di raccordo al tamburo quadrata scanalata agli angoli e le tre classiche aracate con altrettanti fori a scandire le quattro facciate. La superficie esterna si presenta invece con decorazioni scolpite nella pietra con motivi nella maggior parte dei casi geometrici come qui, o floreali. Dall'alto dei minareti del complesso, da uno dei quali è scattata questa foto, si gode uno splendido panorama della città del Cairo e dei suoi dintorni
Interno del padiglione Shah Burj (Torre del Re), nel Forte Rosso di Delhi (Lal Qila). Il Forte, noto anche come Shahjahanabad, dal nome del suo costruttore l'imperatore Moghul Shah Jahan, venne iniziato nel 1639 e inaugurato nel 1648. E' una vera e propria città nella città con edifici pubblici e privati, palazzi, moschee, hammam, giardini e fontane. Dagli edifici pubblici a quelli privati l'eleganza dell'architettura moghul non manca di stupire. Un esempio è proprio l'edificio di cui qui si vede un dettaglio dell'interno, la fontana a parete. Questo padiglione doveva essere in origine destinato proprio ad uso regale. Le colonnine in marmo, gli intarsi in pietre policrome, la raffinatezza dei dettagli lasciano intravedere anche in un solo particolare la bellezza di tutto il complesso. Dalla fontana sgorgava il canale Nahar-i Behisht (Canale del Paradiso), che dall'adiacente fiume Jumna portava l'acqua all'interno della città. A ragione in uno dei palazzi del Forte la più famosa iscrizione persiana recita "Se vi è un paradiso sulla terra è questo, è questo, è questo". Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 2007
Veduta della scalinata che conduce dalla Corte d'Onore al piano nobile del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. In primo piano nella foto il simbolo degli Orsini, l'Orso, che più volte appare tra i rilievi del Castello. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta del complesso dei Pancha Ratha (cinque carri) a Mamallipuram nella regione del Tamil Nadu nell'India sud-orientale. Il complesso monumentale è costituito da cinque templi monolitici e da tre sculture sempre monolitiche di animali : Elefante, Leone e Bue. Sono classici esempi di architettura monolitica indiana risalenti al VII secolo d.C. attribuiti al regno Pallava. Le strutture, edificate nei pressi del mare nel golfo del Bengala, vennero scavate dall'alto verso il basso da un unico banco di granito rosa. Erroneamente definiti templi, in realtà non vennero mai completati e consacrati, portano i nomi dei cinque eroi del poema epico indiano Mahabharata. Sono infatti indicati come Dharmaraja Ratha, Bhima Ratha, Arjuna Ratha, Nakula Sahadeva Ratha e Draupadi Ratha, ovvero i cinque fratelli Pandava e la loro sposa Draupadi. Il nome "carro" deriva dall'essere scolpiti proprio come fossero dei carri su bassi piedistalli. In realtà gli edifici più che avere connessioni con il Mahabharata presentano connessioni con le divinità indiane e vengono piuttosto considerati dei vimana ovvero dei carri mitologici ricorrenti nei testi e nella letteratura che trasportano divinità per antonomasia poi identificati con templi veri e propri. Con lo tsunami del 2004 nei pressi del complesso sono tornati alla luce altre strutture per molti secoli sotto il mare. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1984
Ingresso al cortile della moschea di Kalyan a Bukhara in Uzbekistan. La moschea risale al XV secolo e mostra un impianto ed una decorazione tipiche dell'architettura e dell'arte timuride dell'Asia Centrale. Prende il nome dal minareto Kalyan posto proprio accanto alla moschea, risalente al XII secolo e sicuramente annesso ad una moschea dello stesso periodo preesistente quella timuride. A dominare sulla prospettiva di ingresso il grande portale di accesso alla sala di preghiera con altissima cupola, anch'essa nota distintiva dell'architettura timuride. Il cortile presenta un portico basso, intervallato al centro dai quattro alti portali, di cui il maggiore è quello della sala di preghiera, detti iwan. La copertura del portico è articolata da 288 basse cupolette, ben visibili dal tetto o dal minareto Kalyan. La città antica di Bukhara, di cui l'edificio fa parte, è un sito Patrimonio dell'Unesco dal 1993
Veduta del grande colonnato della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Il grande colonnato che si vede in foto ha avuto varie epoche. Fu sotto il regno di Zenobia che venne completato e dal Tempio di Bel conduceva all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Interno della sala di preghiera della Moschea di Sultan Hasan al Cairo in Egitto. Si tratta in realtà di un ampio complesso che oltre la moschea comprende il mausoleo del sovrano e una madrasa (scuola telogica). Costruito tra il 1356 ed il 1362 costituì il più grande complesso costruito fino a quell'epoca nella città. Sultan Hasan, sovrano della dinastia dei Mamelucchi di Egitto, non fu tra i più gloriosi ma indubbiamente il suo nome resta legato ad uno degli edifici più imponenti e al contempo eleganti del Cairo. L'altezza delle mura, dei portali e degli archi sia all'interno che all'esterno raggiunge i 38 metri. Nel cortile interno della moschea si trova una fontana per le abluzioni spesso raffigurata nelle rappresentazioni del Cairo anche da parte di viaggiatori occidentali. Sul cortile si aprono i quattro iwan (arconi) all'interno dei quali si disponevano le quattro scuole coraniche della madrasa. La sala di preghiera come si vede in foto è ricca di intarsi in pietra ma a renderla unica sono le decine di lampade in vetro che pendono dal soffitto e che donano all'ambiente una leggerezza e uno slancio notevoli. Le lampade in vetro nel periodo mamelucco vennero inizialmente prodotte nelle fabbriche di Murano poi nel tempo la raffinatezza della lavorazione del vetro egiziano divenne tale da eguagliare i modelli e la maestria italiani
Veduta dell'Arcone che conduce alla Corte d'Onore del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015
Veduta delle rovine della antica città di Palmira in Siria. Il suo nome greco è legato al significato di "palma" rivelando la sua natura di oasi nel deserto, traduzione esatta dall'aramaico Tadmor, riportato anche nel nome arabo Tadmur dell'attuale cittadina in prossimità della città antica. Palmira ha una storia che inizia con un primo insediamento risalente all'inizio del II Millennio a.C. Le sue tracce si perdono nei racconti biblici di Re Salomone a cui viene attribuita la città conosciuta con il nome di Palmira. Crocevia di strade commerciali provenienti dall'India, dalla Cina, dall'Arabia, dalla Fenicia, dal Libano, che dal Golfo Persico percorrevano le piste desertiche verso l'Eufrate e da Palmira proseguivano per il Mediterraneo. La grande indipendenza economica portò la città ad un livello di ricchezza tale da attirare l'attenzione di Roma gia nel I secolo a.C. Venne annessa alla Provincia di Siria e mantenne una tale libertà che arrivò nel III secolo ad autoproclamarsi impero indipendente. E' il tempo della regina Zenobia e della guerra con Roma, sotto Aureliano. Con Diocleziano alla fine del III secolo Palmira diventerà colonia romana. Centro della città era il grande colonnato completato sotto il regno della regina Zenobia, che dal Tempio di Bel conduceva fuori dalla città attraverso all'arcone trionfale. Entrambi gli estremi di questo percorso sono oggi andati distrutti nel corso del conflitto in atto. Gravi danni difficili attualmente persino da enumerare e valutare sono stati arrecati a tutto il complesso. Il sito è Patrimonio dell'Unesco dal 1980
Mura esterne della mausoleo di Ghiyas ud-Din sovrano di origine turca che regnò a Delhi tra il 1320-1325. L'imponente seppur austero aspetto, esaltato dagli immensi bastioni circolari contrasta con la raffinatezza del portale di ingresso, con intarsi in marmo e arenaria rossa. Ibn Battuta, il grande viaggiatore maghrebino narra che fu il sovrano in persona a costruirlo. La cosa che colpisce è che pur trattandosi di un mausoleo, lo stile, tipico di questo periodo premoghul, appare puramente difensivo, quasi si trattasse di una fortezza
Veduta della Corte d'Onore e del Loggiato del Castello Odescalchi di Bracciano. Il Castello ha una storia molto lunga e articolata che inizia con la sua costruzione risalente al 1470 su progetto forse dell'architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione della famiglia Orsini. La sua posizione strategica lo ha sempre reso al centro di battaglie per il suo possesso che videro alternarsi grandi famiglie. Dagli Orsini ai Colonna ai Borgia. Gli Odescalchi, che danno oggi il nome al Castello, subentrano nel possesso del maniero nel 1679. Durante l'occupazione francesce il castello venne ceduto ai Torlonia e soltanto nel 1848 gli Odescalchi riuscirono a tornarne in possesso. Importanti sono anche gli artisti che vi lavorarono sia ai numerosi progetti di rifaciemento architettonico sia ai cicli pittorici e alle opere conservate all'interno. Celebre il ciclo dei fratelli Zuccari realizzato per le nozze di Paolo Giordano Orsini e Isabella de'Medici che avvennero qui nel 1558. Sempre gli Zuccari decorarono la Sala Papalina, così detta per aver ospitato nel 1481 Papa Sisto IV in fuga da Roma per la peste che l'aveva colpita. Celebre anche il ciclo nella Sala del Pisanello attribuita alla scuola del pittore o la celebre tavola nella Sala dei Cesari attribuito ad Antoniazzo Romano e ai suoi allievi. Il castello nella sua maestosità rappresenta uno dei manieri rinascimentali meglio conservati in Italia. Lo scatto è stato eseguito nel corso della campagna fotografica per il restyling del sito e delle pubblicazioni promozionali del Castello Odescalchi nel 2015